Testo dello storico dell'arte e critico Gianluca Tedaldi
2007
La novità di un artista si afferma nel riscontro con la situazione contemporanea, coinvolge il linguaggio corrente e lo forza, in qualche modo, a rigenerarsi.
L’ambito della produzione della pittrice romana è abbastanza ben delimitabile: le interessa la Natura; gli insegnamenti di Enzo Brunori l’hanno indirizzata verso una concezione dell’immagine che sta sul crinale tra figurativo ed astratto. Le sue raffigurazioni di scorci paesaggistici, scorci di mare e profondità marine, sono tratte da immagini oggettive, fotografie che vengono poi sottoposte ad una particolare elaborazione che tende ad eliminare tutto ciò che risulti troppo descrittivo. Questo processo di astrazione si realizza nel taglio compositivo (spesso dato dalla scelta di un particolare che occupa l’intero spazio pittorico) e nella tecnica.
Già durante la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti, la didattica di Enzo Brunori prevedeva un attento studio dei colori locali, concentrandosi su oggetti naturali dei quali veniva messa a fuoco una piccola parte con la ricerca sulla tavolozza di tutta l’inattesa gamma di tinte che erano possibile individuare.
Un altro accorgimento del Maestro era quello di chiedere ai suoi allievi di osservare la superficie di una fotografia con una mascherina che ne coprisse gran parte, lasciandone visibile solo un riquadro; muovendo questa finestra sulla figura si doveva infine raggiungere la consapevolezza dell’autonoma bellezza dei particolari.
Michela Lenzi ama trattare pigmento con la spatola, introducendo nella figurazione quell’aspetto libero e materico che contribuisce ad allontanare l’impressione di una predominanza dell’immagine sulla forma dipinta. Questa scelta porta con sé l’impegno a trattare la superficie della tela con grande tensione espressiva perchè il colore assume un’autonomia quasi completa e ciò che alla fine si propone allo spettatore è un vivace confronto di note cromatiche alle quali l’artista deve saper dare, in ogni momento la massima freschezza di timbro e di gesto: debbono ‘reggersi’ da sole, senza l’aiuto di un’immagine, una storia, qualcosa che distragga il fruitore dal concentrarsi sui rapporti di valore all’interno del quadro.
Rispetto all’originale immagine fotografica, ciò che Michela Lenzi ricava e trasforma in pittura è completamente diverso, tutto si semplifica e si carica di dinamismo: la similitudine con la musica aiuta ad intravedere questa svolta nella quale la figura si compone di note colorate che possono disporsi in scala o a contrasto e che saturano le possibilità espressive della tela. In genere, da una fotografia l’autrice ricava un acquarello di piccole dimensioni nel quale è già contenuto il principio ispiratore della figurazione, potremmo dire la sua idea fondamentale.
La trasposizione su tela comporta una elaborazione più complessa perché è mantenere la freschezza delle prime pennellate (e la loro libertà) quando si passa ad un altro formato (molto più grande, in genere) ed anche ad un altro tipo di pigmento. Questa seconda fase è di studio accurato, comporta prove di colore e di resa tonale fino alla scelta di una soluzione soddisfacente. L’immagine, come detto, è tenuta a freno ma c’è: i boschi di betulle sono riconoscibili agevolmente così come lo sono le onde marine, le chiome dei pioppi. Il colore varia e raggiunge timbri molto alti ma conserva il valore che possiede nel modello naturale, quello di trasmettere il sentimento della vita in atto e dell’inesausta varietà delle sue manifestazioni; i verdi dominano perché la scelta preferenziale di Michela Lenzi è verso il mondo vegetale ma subito dopo abbondano i rossi e il giallo-luce. Non c’è posto per le tinte intermedie, le terre, i grigi: tutto è molto intenso, come se dalla purezza del colore dipendesse anche la verità dell’immagine.
Bisogna anche considerare il rapporto che la pittrice instaura con la materia del quadro, sia la superficie della tela, sia la consistenza dei pigmenti. Il momento di passaggio alla tela grande (e quindi il tentativo di resa della qualità dell’acquarello in un contesto diverso) comporta, come detto, diverse prove. Fra questa c’è anche la scelta dei leganti e del tipo di pigmenti, eventualmente anche la decisione di usare una tecnica mista secondo le fasi del lavoro.
Michela Lenzi ha per la sperimentazione dei materiali una curiosità acuita dell’esperienza del restauro ed ama accostare colori di natura diversa: pastelli su base acrilica od oleosa, successivi strati di materia sintetica ed organica, leganti tratti dalla prassi del restauro; anche gli eventuali inconvenienti che si potessero presentare a seguito di queste commistioni (piccole screpolature o mutamenti di tono dell’essiccazione) vengono considerati anticipatamente dell’autrice come parte integrante del processo creativo e, come tali, accettati.
E’ evidente che questo rapporto con la materia diventa anche mezzo espressivo alla stregua dell’accostamento delle tinte; in questo modo l’artista mostra sensibilità verso un fenomeno molto significativo della cultura moderna, l’informale, associandolo però ad un procedimento figurativo e tutto sommato non ribelle alla tradizione.
Lo si potrebbe chiamare un recupero, come quello dell’astrattismo, entro i confini di una pittura che resta leggibile e fruibile anche senza il supporto di un complesso apparato critico (come invece è spesso indispensabile per le opere d’avanguardia).
Per concludere, qualche osservazione anche in merito a ciò che l’artista non mostra, vale a dire le immagini di figura. Il momento attuale è tutto indirizzato alla ricerca di soggetti naturalistici, ma Michela Lenzi ha una lunga pratica del disegno della figura che ha abbondantemente frequentato nel periodo precedente l’iscrizione all’Accademia e che tuttora insegna.
Un altro aspetto che merita di essere testimoniato è, inoltre, la competenza che la pittrice possiede della grafica elettronica finalizzata alla messa in rete, il ‘web design’.
La recente specializzazione che ha ottenuto in questo campo, le consente di mantenere un contatto aggiornato con l’evoluzione del mezzo artistico, anche se la sua scelta di privilegiare gli strumenti tradizionali dimostra come resti ancora praticabile la possibilità di seguire un percorso legato alle metodologie storiche dell’arte pittorica.