Testo dello storico dell'arte e critico Gianluca Tedaldi
2023
Le pitture recenti di Michela Lenzi possono anche dichiararsi sculture o, meglio, rilievi. Un territorio intermedio fra il fare pittura e la formatura che l’artista ha elaborato anche sperimentando paste capaci di reggere la flessibilità della tela. La storia di Michela Lenzi parte dalla sua esperienza all’accademia di Belle Arti con Enzo Brunori; quindi, oltre un sostanzioso esercizio sulla figura, l’artista si è aperta alla pittura di puro colore spirata dalla natura stessa: non geometrica ma mutevole, di respiro ampio anche grazie alle superfici generose che le sono congeniali. Ora, dal 2019, un cambiamento sostanziale. Possiamo anche metterlo in relazione a quell’esperienza di distacco dalla consueta socialità che fu il periodo della quarantena sanitaria ma questo, forse, è solo in fondale di un più profondo lavoro sulla propria identità creatrice che ha generato la scelta del versante plastico, della forma a rilievo, del quasi-monocromo. In fondo, riuscire ad esprimere quelle che potremmo chiamare le “due facce” della medaglia del proprio spazio interiore è un’opportunità che non molti artisti riescono cogliere perché a volte è invincibile il desiderio di seguire il solco già tracciato. Michela Lenzi, invece, con paste alte e toni a-cromatici esplora l’altro versante della Natura che pur sempre le è di guida e di compagnia: è la concretezza del vivere che si fa strada dopo gli slanci del sentimento (come i quadri lirici dei suoi esordi). Sono stagioni della vita, si entra in contatto con una dimensione più fondamentale più quotidiana, meno “cantabile” ma vicina e concreta forse anche più matura. A volte, i suoi volti orientati verso chi guarda sembrano “bucare” la superficie (come, in effetti, fanno) e partecipare al vissuto di chi guarda. La parsimoniosa cromia obbliga a rinunciare – da parte di chi osserva – alla pretesa della illusione totale, della realtà virtuale che oggi la tecnologia offre a piene mani. Bisogna fare quello sforzo di “indossare” la situazione rappresentata (che può essere anche un volto) innestandolo nella propria memoria, nel vissuto che ci appartiene. In questo, le pitture a rilevo di Michela Lenzi sono ancora nel solco della tradizione artistica che interroga e comunica con il pubblico (mentre ora la tendenza è quella di illudere e assecondare). Di un artista è anche importante il percorso perché, come una traccia che si fa sentiero, può offrire ale nuove generazioni la fiducia verso un cammino che è faticoso ma non sterile e che, in effetti, riempie la vita.